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Daphne laureola L.
Famiglia: Thymelaeaceae
Sinonimi: Daphne arvernensis Gandoger, Daphne bellojocensis
Gandoger, Daphne major Lam., Daphne sempervirens Salisb.
Nome volgare: Dafne laurella, Erba laureola, Olivella
Etimologia: Sia il nome generico che specifico fanno riferimento
all’alloro
(daphne in greco = lauro) per la somiglianza delle sue foglie.
Morfologia:
Arbusto a foglie sempreverdi, con aspetto cespuglioso (fanerofita
cespugliosa), e fusto con poche o nessuna ramificazione, eretto e foglioso
soltanto verso l’alto, alta 30-120 cm.
Il fusto ascendente, legnoso è ricoperto di una corteccia
grigio-rosea con evidenti cicatrici trasversali, facilmente staccabile.
Foglie intere, persistenti, spaziate, coriacee, a forma oblunga o
ovalo-lanceolate, con la base attenuata, poste all’estremità superiore di
ogni ramo hanno un bel colore verde-lucente nella pagina superiore e verde
pallido in quella inferiore. Raggiungono la lunghezza di 15 cm e quelle
più in alto sono più ampie e sviluppate.
L’infiorescenza, distesa o pendente, è un racemo denso, ascellare
posto all’apice del fusto, composta da 5 fiorellini ermafroditi, di colore
verde-giallastro, sostenuti da un breve peduncolo, sono disposti
lateralmente e la maggior parte penduli, emanano un gradevole profumo di
miele. Misurano fino a 12 mm, con brattee fiorali sempre più corte del
fiore, calice petaloide glabro, a forma di tubo prolungato con 4 lobi che
misurano la metà o un terzo del tubo stesso. Ha 8 stami.
IL frutto è una bacca ovoide blu-nerastra.
Distribuzione - Habitat – Fioritura:
Pianta originaria dell’Europa e dell’Asia Occidentale, vegeta ovunque
nella regione mediterranea, in Italia è presente in tutte le regioni.
Cresce nei boschi di latifoglie moderatamente freschi, terreni ombrosi o a
mezz’ombra, dalla fascia collinare a quella sub-montana, da 200 a 800 m.
Rara o assente in pianura, predilige i terreni calcarei.
Fiorisce da Febbraio ad Aprile.
Proprietà ed utilizzi:
Per il suo contenuto di sostanze tossiche quali la mezerina, la cumarina e
la dafnina, (quest’ultima è utilizzata per colorare la lana di giallo) la
pianta è velenosa in tutte le sue parti ma soprattutto nei semi e
nelle bacche, il dolce produmo dei suoi fiori ha invogliato molte persone
(specialmente bambini) ad assaggiarla, causando gravi malanni.
L’intossicazione si manifesta dapprima con bruciori nella cavità orale che
successivamente si estendono alla gola e quindi allo stomaco, accompagnati
da vomito e diarrea sanguinolenta, per terminare con stato confusionale,
difficoltà respiratorie
e collasso.
I medici greci la utilizzavano come lassativo ed emetico.
In erboristeria la corteccia viene utilizzata per preparare tinture che
sarebbero utili per uso esterno contro infiammazioni della pelle.
I ricercatori stanno sperimentando alcune proprietà anticancro che
sarebbero contenute in questa pianta e in quelle dello stesso genere. Foto riprese sul Monte Cecilia
- Colli Euganei
da Renato Trevisan
Fonti: Wikipedia -
sito www.funghiitaliani.it
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