Nome italiano:
Colchico, Colchico
d'Autunno, Falso Zafferano, Giglio Matto, Freddolina, Efemero.
Famiglia: Liliaceae.
Etimologia.
Il nome proviene dal
toponimo della regione Kolchis, cioè Colchide, sulla costa
orientale del Mar Nero, patria della mitica maga Medea, esperta nella
preparazione di potenti veleni.
Descrizione.
Pianta erbacea perenne,
dal cui bulbo ovale e profondo, sul finire dell'estate spuntano
direttamente uno-tre fiori bianco rosati, ciascuno dei quali forma nella
parte inferiore un tubo delicato e chiaro, lungo anche 20 centimetri. Le
foglie, grandi, lanceolate, lucide e leggermente carnose, compaiono in
numero di due o tre nella primavera successiva e accompagnano
generalmente il frutto, che è una capsula grande come una noce. La
piantina vive in colonie.
Fioritura.
Agosto-Settembre.
Habitat.
Prati grassi e umidi
delle valli di montagna. Ai margini dei boschi.
Distribuzione.
Comune. Specie centro
europea.
Parti velenose.
Tutta la pianta,
specialmente i semi e il bulbo.
Principi attivi.
L'alcaloide colchicina
e il glucoside colchicoside, inulina, asparagina e alcune resine.
Impiego terapeutico.
L'uso familiare di
questa pianta deve essere assolutamente escluso. Sembra dia benefici
nella gotta acuta, ma non nella cronica. La pianta è stata abbandonata
come diuretico, analgesico e antinfiammatorio nei reumatismi e nelle
artriti. Il dosaggio individuale infatti è difficile da definire,
l'azione è incerta e fenomeni di accumulo provocano avvelenamenti anche
molto gravi. In ogni caso l'uso dovrebbe avvenire sotto stretto
controllo medico, solo su pazienti ospedalizzati con funzionalità renale
e intestinale integre.
Esternamente, in pomata, ha azione antipruriginosa, antinevralgica,
analgesica.
Intossicazione.
L'effetto tossico del
colchico può manifestarsi anche durante una terapia sovradosata o
comunque con dosaggi individuali eccessivi, vista anche la lenta
eliminazione della colchicina che si accumula nell'organismo. L'energica
azione purgativa è la prima manifestazione di avvelenamento. Altri
sintomi sono il bruciore alla gola, sete intensa, dolori gastrici,
vomito, sudori freddi, crampi dolorosi. Infine emorragie non
controllabili, ipotensione e morte per insufficienza respiratoria e
collasso cardiocircolatorio.
Curiosità
La tossicità del
colchico era nota fin nell'antichità: la medicina araba lo usava come
diuretico e purgante.
Alla fine del 1600, per salvaguardarsi dalle epidemie di peste, taluni
appendevano al collo il bulbo del colchico.
La pianta normalmente non viene mangiata dal bestiame, che la evita.
Solo ovini e caprini la tollerano in parte, ma producono latte
avvelenato.
Le preparazioni con semi sono circa cinque volte più attive di quelle
con bulbi.
L'uso della colchicina fu tentato anche nella terapia delle neoplasie,
ma venne abbandonata per l'alta tossicitè.
La colchicina interviene nella riproduzione cellulare durante la
metafase, bloccando la divisione allorché i cromosomi sono già
raddoppiati: si origina così una cellula con patrimonio cromosomico
doppio. Spesso questa proprietà viene sfruttata per ottenere piante
poliploidi, che possono essere più belle o più utili di quelle con
numero cromosomico normale.
Note.
Bastano 40
milligrammi di colchicina per causare morte certa (sono stati
osservati casi letali addirittura con soli 6 mg). Gli effetti tossici
si possono constatare solo portando alla bocca le dita con cui si sono
manipolati gli stami del colchico.
Esiste un'altra specie
di colchico utilizzata per bordure, per ornare tappeti erbosi, zone
comprese tra piccoli arbusti o per il giardino roccioso: il
colchico superbo, (colchicum speciosum), originario
del Caucaso e dell'Oriente.
Esso è sempre una pianta perenne, bulbosa, con fusto recante foglie di
15-30 centimetri, larghe e ottuse, e fiori dal tubo assai lungo e a sei
divisioni uguali di 6-7 centimetri, di color rosa porpora vivo macchiati
di giallo nella gola.
Fiorisce a settembre-ottobre e si pianta in estate affinché fiorisca in
autunno.
Si moltiplica per divisione dei bulbi in ottobre-novembre 20-30 giorni
dopo la fioritura.
L'esposizione consigliata è quella a mezz'ombra o in pieno sole, mentre
come substrato è sufficiente la terra normale da giardino.
Le annaffiature devono essere frequenti, ma non copiose, mentre è
importante che il terreno abbia sempre un buon grado di umidità.